In occasione del 49° Salone Internazionale del Mobile FDVLAB, in partnership con la rivista Ottagono e con il Comune di Milano, dà vita all’evento Posti di Vista > Green Block. Le organizzazioni per l’arte contemporanea Careof e Viafarini, con sede alla Fabbrica del Vapore, aderiscono all’iniziativa presentando - ad un anno dall’edizione 2009 che vedeva protagonista Paolo Ulian - una mostra personale di Giovanni Levanti a cura di Beppe Finessi.
Numerose mostre in Italia e all’estero hanno raccontato la collaborazione di Levanti con aziende come Campeggi, Cassina, Diamantini & Domeniconi, Domodinamica, Edra, Foscarini, Pallucco, Salviati, Twergi-Alessi, Serafino Zani.
Levanti non vuole stupire a tutti i costi. Con una ricerca etica, meticolosa e contraddistinta da un’indagine sulla polifunzionalità, si addentra in luoghi inesplorati e traccia percorsi inediti. Le sue creazioni, dall’estetica raffinata e dal risvolto ludico, guardano ad un mondo popolato da oggetti fantastici, polimorfici, variopinti e dalle molteplici funzioni. Sono tappeti-poltrone, cavalli-a-dondolo-poltrone, tappeti-elastici-poltrone…
Abolendo definitivamente l’ovvietà formale, dona nuove possibilità agli oggetti svincolati dal loro utilizzo primario.
Giovanni Levanti conduce una silenziosa battaglia contro i tradizionali mobili imbottiti. Concentrandosi sulla postura dei singoli individui, crea divani e poltrone che avvolgono il corpo, sostenendolo senza costrizioni.
Per Giovanni Levanti il progetto deve essere sostenibile, senza alcuna aggressività
o ridondanza; alla sua definizione si arriva attraverso una stretta relazione con il fruitore, riportando le informazioni e i vissuti alla dimensione culturale.
La mostra è accompagnata da un catalogo sul lavoro di Giovanni Levanti edito da Corraini.
Giovanni Levanti (Palermo, 1956) dopo la laurea in architettura si trasferisce a Milano e nel 1991 apre un proprio studio. Disegna per importanti aziende in Italia e all’estero tra cui Campeggi, Cassina, Diamantini & Domeniconi, Domodinamica, Edra, Foscarini, Marutomi, Memphis, Nagano, Pallucco Italia, Salviati, Serafino Zani, Twergi-Alessi.
Tra le principali esposizioni si ricordano: 2008: 1978-2008 Made in Italy, Brazilian Design Biennal, Brasilia. 2006-2007: Il Modo Italiano, Montreal, Toronto, Rovereto. 2001: Il Design in Italia, 100 oggetti, Seoul, Beijing, Shanghai, mostra itinerante. 1996: Il Design Italiano 1964-1990, Milano. 1993: La Fabbrica Estetica, Parigi. 1991: Capitales Européennes du Nouveau Design, Parigi. 1990: Creativitalia, Tokyo. 1986: Dodici Nuovi – Memphis, Milano.
I suoi oggetti sono presenti nella Collezione Permanente del Design Italiano della Triennale di Milano, nella Collezione di Design del Museum of Fine Arts di Montreal e nella Collezione di Design del Musée National d’Art Moderne Centre Georges Pompidou di Parigi. Tra i riconoscimenti: il Design Plus Prize 2000 alla Fiera di Francoforte e il Premio Palermo Design Week nel 2007, le selezioni al XIX Premio Compasso d’Oro ADI nel 2001 e al XXII Premios de Diseño cDIM Professionales a Valencia nel 2004.
Beppe Finessi (Ferrara, 1966) è architetto e svolge attività didattica (ricercatore al Politecnico di Milano, dove insegna Architettura degli interni, Allestimento, Design e Arti contemporanee), critica (dal 1996 al 2007 è stato redattore di Abitare) e di ricerca. Da alcuni anni si occupa dell’opera dei grandi maestri del design italiano (Bruno Munari, Vico Magistretti, Angelo Mangiarotti, Alessandro Mendini) e dei nuovi protagonisti della scena internazionale, come Fabio Novembre, Martí Guixé e Paolo Ulian.
La mostra è realizzata grazie alla collaborazione di Campeggi e Diamantini & Domeniconi
Con il contributo di Fondazione Cariplo e Gemmo spa.
Per il prestito degli oggetti si ringrazia inoltre Foscarini, Museo Alessi, Museo Storico della Tecnologia SACMI e Zani Serafino.
"Di chi si è dato il tempo, di chi si è preso il tempo, di chi ha saputo aspettare il proprio tempo.
Di chi ha conosciuto i grandi maestri, come Ettore Sottsass, e ha potuto incrociare i suoi passi in una stagione ormai mitica, quella di Memphis a metà degli anni Ottanta, e di chi poi ha scelto un mèntore sensibile e poetico, Andrea Branzi, da cui andare a bottega per imparare un mestiere tra produzione industriale e alto artigianato, educandosi al piacere di una ricerca libera, spesso lontana dai grandi numeri, sempre vicina alla sperimentazione pura.
Di chi da allora, in venticinque anni di lavoro praticato con grandi realtà produttive e con quelle più agili ma altrettanto brillanti, ha sempre cercato un proprio, personalissimo ritmo, fatto di tempi lunghi e ossigenanti, e di pochi sceltissimi interlocutori con cui crescere, seguendo la propria indole, riflessiva e misurata.
Di chi, volutamente appartato nel proprio (quasi) silenzio, nella meticolosità dei propri gesti quotidiani, armato dei propri pensieri (leggi progetti), di chi, in questi cinque lustri, sottotraccia e outsider nell’anima, è rimasto puro, fanciullo capace ancora di emozionarsi, con una luce vera negli occhi, di chi oggi ha raggiunto un momento di evidente maturità e incisività, continuando a lavorare:
- sulla forzatura e sul superamento tipologico dell’idea di imbottito tradizionale, vincendo ogni consuetudine da ‘salotto buono’, e proseguendo l’opera ingegnosa e innovativa di Joe Colombo, inventando nuovi oggetti morbidi da usare in un altro modo: di chi pensa che le parole ‘magia’, ‘incanto’, ‘fascinazione’ e ‘stupore’ siano parti fondamentali della nostra vita;
- sulla forma e sulla qualità scultorea degli oggetti, disegnandoli perchè siano ‘semplicemente’ belli, anche e soprattutto di profilo (“vedere l’arcobaleno di profilo”, grazie Munari), senza mai dimenticarsi che il colore, qualsiasi colore, anche se “è solo luce” come dicono i poeti, è un elemento essenziale della nostra vita, e per fare questo avrà ‘rubato’ i segreti al grande Ettore delle prime righe: di chi pensa che le parole ‘silenzio’, ‘serenità’, ‘intimità’, ‘ispirazione’ e ‘bellezza’ siano vocaboli importanti, da non dimenticare mai nel proprio agire e pensare.
Parole, tutte, che un certo Luis Barragán pronunciò il giorno del proprio discorso al Premio Pritzker, per ricordarle a un mondo del progetto che sembrava volerle dimenticare.
Parole, tutte, che sembrano, anzi sono, la sostanza prima del dizionario personale di Giovanni Levanti".
Beppe Finessi
In occasione del 49° Salone Internazionale del Mobile FDVLAB, in partnership con la rivista Ottagono e con il Comune di Milano, dà vita all’evento Posti di Vista > Green Block. Le organizzazioni per l’arte contemporanea Careof e Viafarini, con sede alla Fabbrica del Vapore, aderiscono all’iniziativa presentando - ad un anno dall’edizione 2009 che vedeva protagonista Paolo Ulian - una mostra personale di Giovanni Levanti a cura di Beppe Finessi.
Numerose mostre in Italia e all’estero hanno raccontato la collaborazione di Levanti con aziende come Campeggi, Cassina, Diamantini & Domeniconi, Domodinamica, Edra, Foscarini, Pallucco, Salviati, Twergi-Alessi, Serafino Zani.
Levanti non vuole stupire a tutti i costi. Con una ricerca etica, meticolosa e contraddistinta da un’indagine sulla polifunzionalità, si addentra in luoghi inesplorati e traccia percorsi inediti. Le sue creazioni, dall’estetica raffinata e dal risvolto ludico, guardano ad un mondo popolato da oggetti fantastici, polimorfici, variopinti e dalle molteplici funzioni. Sono tappeti-poltrone, cavalli-a-dondolo-poltrone, tappeti-elastici-poltrone…
Abolendo definitivamente l’ovvietà formale, dona nuove possibilità agli oggetti svincolati dal loro utilizzo primario.
Giovanni Levanti conduce una silenziosa battaglia contro i tradizionali mobili imbottiti. Concentrandosi sulla postura dei singoli individui, crea divani e poltrone che avvolgono il corpo, sostenendolo senza costrizioni.
Per Giovanni Levanti il progetto deve essere sostenibile, senza alcuna aggressività
o ridondanza; alla sua definizione si arriva attraverso una stretta relazione con il fruitore, riportando le informazioni e i vissuti alla dimensione culturale.
La mostra è accompagnata da un catalogo sul lavoro di Giovanni Levanti edito da Corraini.
Giovanni Levanti (Palermo, 1956) dopo la laurea in architettura si trasferisce a Milano e nel 1991 apre un proprio studio. Disegna per importanti aziende in Italia e all’estero tra cui Campeggi, Cassina, Diamantini & Domeniconi, Domodinamica, Edra, Foscarini, Marutomi, Memphis, Nagano, Pallucco Italia, Salviati, Serafino Zani, Twergi-Alessi.
Tra le principali esposizioni si ricordano: 2008: 1978-2008 Made in Italy, Brazilian Design Biennal, Brasilia. 2006-2007: Il Modo Italiano, Montreal, Toronto, Rovereto. 2001: Il Design in Italia, 100 oggetti, Seoul, Beijing, Shanghai, mostra itinerante. 1996: Il Design Italiano 1964-1990, Milano. 1993: La Fabbrica Estetica, Parigi. 1991: Capitales Européennes du Nouveau Design, Parigi. 1990: Creativitalia, Tokyo. 1986: Dodici Nuovi – Memphis, Milano.
I suoi oggetti sono presenti nella Collezione Permanente del Design Italiano della Triennale di Milano, nella Collezione di Design del Museum of Fine Arts di Montreal e nella Collezione di Design del Musée National d’Art Moderne Centre Georges Pompidou di Parigi. Tra i riconoscimenti: il Design Plus Prize 2000 alla Fiera di Francoforte e il Premio Palermo Design Week nel 2007, le selezioni al XIX Premio Compasso d’Oro ADI nel 2001 e al XXII Premios de Diseño cDIM Professionales a Valencia nel 2004.
Beppe Finessi (Ferrara, 1966) è architetto e svolge attività didattica (ricercatore al Politecnico di Milano, dove insegna Architettura degli interni, Allestimento, Design e Arti contemporanee), critica (dal 1996 al 2007 è stato redattore di Abitare) e di ricerca. Da alcuni anni si occupa dell’opera dei grandi maestri del design italiano (Bruno Munari, Vico Magistretti, Angelo Mangiarotti, Alessandro Mendini) e dei nuovi protagonisti della scena internazionale, come Fabio Novembre, Martí Guixé e Paolo Ulian.
La mostra è realizzata grazie alla collaborazione di Campeggi e Diamantini & Domeniconi
Con il contributo di Fondazione Cariplo e Gemmo spa.
Per il prestito degli oggetti si ringrazia inoltre Foscarini, Museo Alessi, Museo Storico della Tecnologia SACMI e Zani Serafino.
"Di chi si è dato il tempo, di chi si è preso il tempo, di chi ha saputo aspettare il proprio tempo.
Di chi ha conosciuto i grandi maestri, come Ettore Sottsass, e ha potuto incrociare i suoi passi in una stagione ormai mitica, quella di Memphis a metà degli anni Ottanta, e di chi poi ha scelto un mèntore sensibile e poetico, Andrea Branzi, da cui andare a bottega per imparare un mestiere tra produzione industriale e alto artigianato, educandosi al piacere di una ricerca libera, spesso lontana dai grandi numeri, sempre vicina alla sperimentazione pura.
Di chi da allora, in venticinque anni di lavoro praticato con grandi realtà produttive e con quelle più agili ma altrettanto brillanti, ha sempre cercato un proprio, personalissimo ritmo, fatto di tempi lunghi e ossigenanti, e di pochi sceltissimi interlocutori con cui crescere, seguendo la propria indole, riflessiva e misurata.
Di chi, volutamente appartato nel proprio (quasi) silenzio, nella meticolosità dei propri gesti quotidiani, armato dei propri pensieri (leggi progetti), di chi, in questi cinque lustri, sottotraccia e outsider nell’anima, è rimasto puro, fanciullo capace ancora di emozionarsi, con una luce vera negli occhi, di chi oggi ha raggiunto un momento di evidente maturità e incisività, continuando a lavorare:
- sulla forzatura e sul superamento tipologico dell’idea di imbottito tradizionale, vincendo ogni consuetudine da ‘salotto buono’, e proseguendo l’opera ingegnosa e innovativa di Joe Colombo, inventando nuovi oggetti morbidi da usare in un altro modo: di chi pensa che le parole ‘magia’, ‘incanto’, ‘fascinazione’ e ‘stupore’ siano parti fondamentali della nostra vita;
- sulla forma e sulla qualità scultorea degli oggetti, disegnandoli perchè siano ‘semplicemente’ belli, anche e soprattutto di profilo (“vedere l’arcobaleno di profilo”, grazie Munari), senza mai dimenticarsi che il colore, qualsiasi colore, anche se “è solo luce” come dicono i poeti, è un elemento essenziale della nostra vita, e per fare questo avrà ‘rubato’ i segreti al grande Ettore delle prime righe: di chi pensa che le parole ‘silenzio’, ‘serenità’, ‘intimità’, ‘ispirazione’ e ‘bellezza’ siano vocaboli importanti, da non dimenticare mai nel proprio agire e pensare.
Parole, tutte, che un certo Luis Barragán pronunciò il giorno del proprio discorso al Premio Pritzker, per ricordarle a un mondo del progetto che sembrava volerle dimenticare.
Parole, tutte, che sembrano, anzi sono, la sostanza prima del dizionario personale di Giovanni Levanti".
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