"Gesti inutili, sforzi ripetuti privi di alcun risultato tangibile. Ripetere ancora e ancora crederci, senza lasciare nessuna traccia. Uno spreco di energie. Un allenamento, un ossessivo perfezionamento, un tentativo reiterato, l'approccio ad una pratica fatta dalla parte del neofita: energia più che abilità.
Aggiustare il tiro, prendere il ritmo, mettere in atto una possibilità, aspettarsi un fallimento. E poterne ridere...
Fatica Sprecata vuole testimoniare, attraverso i lavori di quattro artisti italiani dell'ultimissima generazione, una nuova riflessione sull'idea di attività creativa, di forma, di equilibrio, di scultura. Una riflessione critica, ma non priva d'ironia, sul ruolo stesso dell'artista e sul suo rapporto con la creazione, in indiretto ma preciso dialogo-opposizione con la nostra tradizione artistica.
Gli artisti coinvolti in Fatica Sprecata (titolo volutamente autoironico sul ruolo dell'artista e sull'idea di creazione) si mostrano come promotori di forme aperte, registi di processi apparentemente assurdi, o anche giocolieri, atleti, artigiani, bricoleurs, neofiti di una pratica, di una disciplina, di un mestiere mai tentato prima.
Questa riflessione sulla forma, sulla sostanza del processo creativo, si concreta attraverso lavori (video, performance, fotografia, scultura) che spesso rimandano o testimoniano di un forte coinvolgimento fisico, di un'attività, di un esercizio reiterato. Una scultura fatta di sforzi ed energie (spesso attivate in comune), di tensioni e ripetizioni, esercizi e fallimenti, che gioca anche sull'idea stessa di forma e di perfezione, di progettualità, di tensione espressiva, attraverso una ironica ripetitività e grandezza. Una scultura destinata spesso a scomparire per esaurimento, o della quale si testimonia il processo che sottende alla forma finale, forse mai raggiungibile.
Non a caso la maggior parte dei lavori in mostra vedono l'artista lavorare come promotore, regista, canalizzatore di energie, di "abilità" convogliate nella forma artistica in uno stato ancora grezzo, di aperta potenzialità, sempre possibile di fallimento".
Luca Cerizza
Alessandro Ceresoli (1975): Presenterà una fotografia Costa Azzurra (1999) che ritrae una lunga fila di sedie disposte meticolosamente su una passeggiata di fronte al mare, a formare una linea che si puo' immaginare infinita. Qui Ceresoli mostra un'attenzione quasi ossessiva, ma risolta in assoluta freddezza, per un'idea di perfezione impossibile della forma, per il fascino anche paradossale della sua essenza.
In Viafarini verrà presentata una nuova scultura di grosse dimensioni (Un punto debole): un parallelepipedo di legno riempito di cotone compresso a formare una specie di grezza unità minimale dalla voluta pesantezza scultorea. Prima dell'inaugurazione l'artista attraverserà la scultura bucandola da parte a parte e rendendola "agibile" ai visitatori.
Lara Favaretto (1973): Il film (Sollevarlo non vuol dire volarlo), visibile solo il giorno del'inaugurazione, documenta lo sforzo faticoso di alzare due asini a costruire una forma, una figura in qualche modo triangolare. Come in altri lavori, Favaretto e' qui interessata ad evidenziare, con buona dose d'ironia, i meccanismi che si attivano in una pratica condotta dal neofita, dal dilettante e quindi enfatizzare la concentrazione e l'accumulo di forze, lo sviluppo delle potenzialità di un processo soprattutto collettivo. Anche in questo caso, l'artista lavora da regista di un processo da lei attivato, da propagatore di forze, da coordinatore di energie, rinunciando al ruolo centrale della creazione e del manufatto artistico. In Viafarini verrà inoltre esposta per la prima volta Una delle tante, una foto di grosse dimensioni che documenta le prestazioni di un coro amatoriale organizzato dall'artista. Citando un'iconografia tipicamente pittorica Favaretto ferma in un'immagine possibile la potenzialità ancora grezza contenuta in questo concentrato di energie umane.
Diego Perrone (1970): Il video La terra piatta e' una dimensione lirica del luogo, come se regredire fosse inventare (1999) registra con assoluta semplicità documentativa, un singolare processo costruttivo e formale, di cui Perrone e' solo un promotore. L'artista ha incaricato, infatti, un suo amico di costruire una capanna di canne e foglie sul greto di un fiume. Il lungo processo di creazione, costellato di continue pause ed infiniti ripensamenti, e' guidato da leggi assurde, da logiche opposte a quelle che questa pratica costruttiva necessiterebbe. Questa lenta ricerca di una forma nega, nel suo risultato finale, ogni possibile funzionalità dell'oggetto e mette a nudo l'intima, poetica fragilità del progetto, ma anche la piu' ampia libertà e fantasia nel reimmaginare l'approccio ad ogni attività formale e costruttiva.
Patrick Tuttofuoco (1974): Il video Criceto (1999) documenta una performance avvenuta nel centro di Milano: una ruota per criceti (ricostruita in scala umana) e' stata attivata dal movimento dell'artista stesso al suo interno, in una pratica quasi circense o atletica. Questa azione, che richiede pazienza e fatica per ottenere un difficile equilibrio e armonia, e' condotta grazie all'energia attivata dall'artista, che agisce anche come figura perturbante ed estranea a quel contesto cittadino. Tra bellezza e fallimento, tutto si consuma in un gesto ripetuto e parossistico, in una pratica che e' anche crudele e (auto)ironica esibizione.
Con il patrocinio e il contributo del Comune di Milano - Settore Giovani.
"Gesti inutili, sforzi ripetuti privi di alcun risultato tangibile. Ripetere ancora e ancora crederci, senza lasciare nessuna traccia. Uno spreco di energie. Un allenamento, un ossessivo perfezionamento, un tentativo reiterato, l'approccio ad una pratica fatta dalla parte del neofita: energia più che abilità.
Aggiustare il tiro, prendere il ritmo, mettere in atto una possibilità, aspettarsi un fallimento. E poterne ridere...
Fatica Sprecata vuole testimoniare, attraverso i lavori di quattro artisti italiani dell'ultimissima generazione, una nuova riflessione sull'idea di attività creativa, di forma, di equilibrio, di scultura. Una riflessione critica, ma non priva d'ironia, sul ruolo stesso dell'artista e sul suo rapporto con la creazione, in indiretto ma preciso dialogo-opposizione con la nostra tradizione artistica.
Gli artisti coinvolti in Fatica Sprecata (titolo volutamente autoironico sul ruolo dell'artista e sull'idea di creazione) si mostrano come promotori di forme aperte, registi di processi apparentemente assurdi, o anche giocolieri, atleti, artigiani, bricoleurs, neofiti di una pratica, di una disciplina, di un mestiere mai tentato prima.
Questa riflessione sulla forma, sulla sostanza del processo creativo, si concreta attraverso lavori (video, performance, fotografia, scultura) che spesso rimandano o testimoniano di un forte coinvolgimento fisico, di un'attività, di un esercizio reiterato. Una scultura fatta di sforzi ed energie (spesso attivate in comune), di tensioni e ripetizioni, esercizi e fallimenti, che gioca anche sull'idea stessa di forma e di perfezione, di progettualità, di tensione espressiva, attraverso una ironica ripetitività e grandezza. Una scultura destinata spesso a scomparire per esaurimento, o della quale si testimonia il processo che sottende alla forma finale, forse mai raggiungibile.
Non a caso la maggior parte dei lavori in mostra vedono l'artista lavorare come promotore, regista, canalizzatore di energie, di "abilità" convogliate nella forma artistica in uno stato ancora grezzo, di aperta potenzialità, sempre possibile di fallimento".
Luca Cerizza
Alessandro Ceresoli (1975): Presenterà una fotografia Costa Azzurra (1999) che ritrae una lunga fila di sedie disposte meticolosamente su una passeggiata di fronte al mare, a formare una linea che si puo' immaginare infinita. Qui Ceresoli mostra un'attenzione quasi ossessiva, ma risolta in assoluta freddezza, per un'idea di perfezione impossibile della forma, per il fascino anche paradossale della sua essenza.
In Viafarini verrà presentata una nuova scultura di grosse dimensioni (Un punto debole): un parallelepipedo di legno riempito di cotone compresso a formare una specie di grezza unità minimale dalla voluta pesantezza scultorea. Prima dell'inaugurazione l'artista attraverserà la scultura bucandola da parte a parte e rendendola "agibile" ai visitatori.
Lara Favaretto (1973): Il film (Sollevarlo non vuol dire volarlo), visibile solo il giorno del'inaugurazione, documenta lo sforzo faticoso di alzare due asini a costruire una forma, una figura in qualche modo triangolare. Come in altri lavori, Favaretto e' qui interessata ad evidenziare, con buona dose d'ironia, i meccanismi che si attivano in una pratica condotta dal neofita, dal dilettante e quindi enfatizzare la concentrazione e l'accumulo di forze, lo sviluppo delle potenzialità di un processo soprattutto collettivo. Anche in questo caso, l'artista lavora da regista di un processo da lei attivato, da propagatore di forze, da coordinatore di energie, rinunciando al ruolo centrale della creazione e del manufatto artistico. In Viafarini verrà inoltre esposta per la prima volta Una delle tante, una foto di grosse dimensioni che documenta le prestazioni di un coro amatoriale organizzato dall'artista. Citando un'iconografia tipicamente pittorica Favaretto ferma in un'immagine possibile la potenzialità ancora grezza contenuta in questo concentrato di energie umane.
Diego Perrone (1970): Il video La terra piatta e' una dimensione lirica del luogo, come se regredire fosse inventare (1999) registra con assoluta semplicità documentativa, un singolare processo costruttivo e formale, di cui Perrone e' solo un promotore. L'artista ha incaricato, infatti, un suo amico di costruire una capanna di canne e foglie sul greto di un fiume. Il lungo processo di creazione, costellato di continue pause ed infiniti ripensamenti, e' guidato da leggi assurde, da logiche opposte a quelle che questa pratica costruttiva necessiterebbe. Questa lenta ricerca di una forma nega, nel suo risultato finale, ogni possibile funzionalità dell'oggetto e mette a nudo l'intima, poetica fragilità del progetto, ma anche la piu' ampia libertà e fantasia nel reimmaginare l'approccio ad ogni attività formale e costruttiva.
Patrick Tuttofuoco (1974): Il video Criceto (1999) documenta una performance avvenuta nel centro di Milano: una ruota per criceti (ricostruita in scala umana) e' stata attivata dal movimento dell'artista stesso al suo interno, in una pratica quasi circense o atletica. Questa azione, che richiede pazienza e fatica per ottenere un difficile equilibrio e armonia, e' condotta grazie all'energia attivata dall'artista, che agisce anche come figura perturbante ed estranea a quel contesto cittadino. Tra bellezza e fallimento, tutto si consuma in un gesto ripetuto e parossistico, in una pratica che e' anche crudele e (auto)ironica esibizione.
Con il patrocinio e il contributo del Comune di Milano - Settore Giovani.
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