Workshop e progetto espositivo Academy Awards "Fuori dalla gabbia di Faraday"

4 maggio - 19 maggio 2012
in collaborazione con Accademia Carrara di Belle Arti, Bergamo, a cura dei docenti Eva Marisaldi e Salvatore Falci.


I 21 artisti partecipanti, studenti del II e del III anno nell’ambito dei corsi di Pittura/Arti visive del triennio dell’Accademia sono: Paolo Baraldi, Francesca Battello, Luigi Bonetti, Sara Campini, Roberta Conti, Leila Crotti, Diego Ferrari, Isabella Fusco, Silvia Invernici, Simone Longaretti, Luca Maestroni, Daniele Maffeis, Matteo Maino, Juri Merati, Marta Pessoni, Umberto Pezzini, Diego Ravotto.

Fuori dalla gabbia di Faraday, il titolo della mostra, è un invito rivolto ai giovani partecipanti a spingersi in una dimensione priva di protezioni che piace pensare attraversata da tensioni, per l’appunto fuori dall’effetto schermante della gabbia di Faraday, oltre il confine dell’aula scolastica. Uscire dalla gabbia significa anche lasciarsi permeare dal mondo, cercando il confronto con una complessità da interpretare tramite forme, modi e linguaggi personali.

La mostra presenta una selezione di lavori che sono stati elaborati nel corso dell’anno accademico 2011/2012 da ventuno studenti del II e del III anno nell’ambito dei corsi di Pittura/Arti visive del triennio dell’Accademia Carrara di Belle Arti di Bergamo, con i docenti Eva Marisaldi e Salvatore Falci. La natura interdisciplinare dell’insegnamento si riflette nella forma della mostra che è quella di una galassia composita in cui confluiscono e si mettono a confronto le differenti voci, visioni e approcci progettuali degli studenti. Partendo dai desideri e dalle esperienze personali, sono le tensioni giovanili che si vuole fare emergere. Per questo, Fuori dalla gabbia di Faraday è una costellazione aperta e plurale, evidenziando nella sua figura una stratificazione di urgenze e di necessità che sono alla base delle singole opere.

Lo spazio della mostra è attraversato da due direttici che oscillano tra sguardi rivolti ad aspetti più intimi della vita e a memorie affettive a intuizioni critiche sulla realtà e sulla contemporaneità.

Con il contributo di Fondazione Cariplo e Gemmo spa. Con il patrocinio del Comune di Milano - Assessorato a Cultura, Moda Design.

Workshop e progetto espositivo Academy Awards "Fuori dalla gabbia di Faraday"

4 maggio - 19 maggio 2012
in collaborazione con Accademia Carrara di Belle Arti, Bergamo, a cura dei docenti Eva Marisaldi e Salvatore Falci.


I 21 artisti partecipanti, studenti del II e del III anno nell’ambito dei corsi di Pittura/Arti visive del triennio dell’Accademia sono: Paolo Baraldi, Francesca Battello, Luigi Bonetti, Sara Campini, Roberta Conti, Leila Crotti, Diego Ferrari, Isabella Fusco, Silvia Invernici, Simone Longaretti, Luca Maestroni, Daniele Maffeis, Matteo Maino, Juri Merati, Marta Pessoni, Umberto Pezzini, Diego Ravotto.

Fuori dalla gabbia di Faraday, il titolo della mostra, è un invito rivolto ai giovani partecipanti a spingersi in una dimensione priva di protezioni che piace pensare attraversata da tensioni, per l’appunto fuori dall’effetto schermante della gabbia di Faraday, oltre il confine dell’aula scolastica. Uscire dalla gabbia significa anche lasciarsi permeare dal mondo, cercando il confronto con una complessità da interpretare tramite forme, modi e linguaggi personali.

La mostra presenta una selezione di lavori che sono stati elaborati nel corso dell’anno accademico 2011/2012 da ventuno studenti del II e del III anno nell’ambito dei corsi di Pittura/Arti visive del triennio dell’Accademia Carrara di Belle Arti di Bergamo, con i docenti Eva Marisaldi e Salvatore Falci. La natura interdisciplinare dell’insegnamento si riflette nella forma della mostra che è quella di una galassia composita in cui confluiscono e si mettono a confronto le differenti voci, visioni e approcci progettuali degli studenti. Partendo dai desideri e dalle esperienze personali, sono le tensioni giovanili che si vuole fare emergere. Per questo, Fuori dalla gabbia di Faraday è una costellazione aperta e plurale, evidenziando nella sua figura una stratificazione di urgenze e di necessità che sono alla base delle singole opere.

Lo spazio della mostra è attraversato da due direttici che oscillano tra sguardi rivolti ad aspetti più intimi della vita e a memorie affettive a intuizioni critiche sulla realtà e sulla contemporaneità.

Con il contributo di Fondazione Cariplo e Gemmo spa. Con il patrocinio del Comune di Milano - Assessorato a Cultura, Moda Design.

Veduta dell'allestimento.
Foto di Davide Tremolada

Foto di Davide Tremolada

Vetteruti Viola, E allora ella strappò la lettera in tanti minuti pezzettini, Libro rilegato "Le commedie" di Shakespeare, dimensioni variabili, 2012

La scelta del libro rilegato, dalla copertina neutra, senza titolo evidente, si lega alla volontà di non dare nessun tipo di interpretazione guidata allo spettatore. Presentato aperto, il libro appare piuttosto plastico nella sua forma, quasi una scultura. Ho infatti tagliato la maggiorparte dei dialoghi teatrali, lasciando solo i nomi dei personaggi e le illustrazioni oltre a certe frasi che si riferissero ad acqua, parola, pensiero e scrittura. Il risultato finale è una sorta di ventaglio di frasi e immagini sovrapposte che possono dare una "scultorea" visione di insieme o differenti letture. 

Foto di Davide Tremolada

Giulia Spreafico, Non tenterai di toccare le nuvole, video proiezione, 4’10’’, 2012

La traversata precaria, ma costante, di un terreno instabile mostra la volontà di percorrere uno spazio e, allo stesso tempo, la difficoltà di stare in equilibrio, come se sotto alla corda ci fosse il nulla. Rappresenta il desiderio di librarmi in volo e l’impossibilità di staccarmi dal suolo. Solo alcune persone riescono a camminare su di un filo, mettendo il vuoto tra questo e la terra. Il lavoro è ispirato alla traversata che Philippe Petit fece nel 1974 tra le due Twin Towers, unendole in matrimonio con un filo. Sono sue le frasi che mi accompagnano.

Foto di Davide Tremolada

Roberta Conti, Sims, performance, 2009

Partendo dai presupposti posti dai social network e da YouTube, invasi da filmati e fotografie che rappresentano la quotidianità di molte persone, questo lavoro destabilizza la connessione esistente tra le nuove forme d’archiviazione proprie di una società virtualizzata e il contatto di diretto. Sims è una performance che gioca con la forma primaria di rapporto tra persone, la conoscenza diretta e personale, diventata una realtà sempre più precaria nell’era dell’informatica.

Foto di Davide Tremolada

SX - Diego Ravotto, Senza titolo, tecnica mista su banconote, 2012

Oltre che denaro corrente, le banconote sono anche fisicamente dei fogli di carta stampata. Su di esse sono rappresentate diverse figure, tra cui porte, ponti e portali. Simboleggiano concetti come apertura, cooperazione e unione tra stati e tra persone. Possiedono, dunque, una valenza positiva. Tramite il disegno ho voluto inserire nuove figure che potessero interagire con quelle preesistenti o contrastarne il significato. Le immagini, per quanto piccole e delicate, possono essere il veicolo di un messaggio forte e costringono lo spettatore a guardare con maggiore attenzione. 

 

DX - Simone Longaretti, Le parole sono pietre, installazione composta da sei ciottoli di fiume su cui è incisa la frase “Ci vuole una cura di silenzio”, comodino illuminato da un abat-jour, dimensioni variabili, 2011

Rileggendo la lettera scritta da Cesare Pavese nell’agosto del 1950, alcuni giorni prima della sua morte all’Hotel Roma di Torino, mi è balzata agli occhi la frase “Ci vuole una cura di silenzio” e mi sono reso conto che riassumeva bene il mio atteggiamento interiore di fronte al clamore continuo che ci circonda. Di contro è emerso in modo forte ed inequivocabile il valore di ogni parola e il rispetto che si deve avere per ciascuna di esse. Così ho pensato a questi pochi sassi piccoletti che possono anche stare in una tasca, come monito ad avere più cura della comunicazione interpersonale con la sua insostituibile valenza. Anche la necessità di scriverle sulla pietra mostra un preciso bisogno di forza e durevolezza. Partendo da quel comodino, da quello spazio intimo e privato, l’eco delle parole incise incappa in un mondo vasto e senza confini alla ricerca di modalità nuove e più umane dove sperimentare una vita di senso. 

Foto di Davide Tremolada

Silvia Invernici, Not yet, matita su carta, quattro disegni cm. 21 x 29 cad., 2011

La mia ricerca ha preso avvio facendo un elenco di cose che non avrei mai avuto il coraggio di fare. Il risultato sono quattro disegni, delicati e semplici, ma crudeli. Mi rappresento nell’attimo prima di togliermi la vita, secondo quattro metodi diversi. È una riflessione sulla difficoltà di accettare che possa essere un atto di vitalità estrema e consapevole, comunque, un diritto non giudicabile. 

Foto di Davide Tremolada

Francesca Battello, So close, yet so far, cartoncino forato, cm. 9 x 9 cad., 2012

“Così vicino, eppure così lontano”, mi ha detto mio padre una volta via skype. È l’unico modo che ho per comunicare “faccia a faccia” con i miei genitori. Ho catturato ogni conversazione attraverso un’immagine, collezionandole. Nello spazio di Viafarini, i cartoncini sono applicati sul vetro di una porta attraverso la quale filtra la luce. L’immagine è fragile, come le parole dette a distanza. 

Foto di Davide Tremolada

Leila Crotti, Crisalide, album fotografico, 20 fotografie, Album aperto cm. 47 x 30 cm., fotografie cm. 10 x 15 cad., 2012

L’album è un viaggio all’interno di una dimensione intima e personale. Ogni immagine fotografica che lo compone comprende tre spazi temporali: il passato, il presente e il futuro. La nitida immagine interna alla sfera capovolge e raddrizza l’immagine esterna, che appare offuscata, rappresentando con tale ribaltamento la distanza dal passato che sfuma nella memoria, ma che, al tempo stesso, si porta sempre con sé. Il presente è la fotografia che le comprende entrambe.

Foto di Davide Tremolada

Marta Pessoni, Cloto, Lachesi e Atropo, video istallazione, 3', 2012

Il filo rosso è narratore di storie, di azioni che si tramandano nel tempo e diventano parte indissolubile del proprio vissuto. Da bambina mia nonna e mia madre mi hanno trasmesso la passione per il ricamo e per il lavoro a maglia; azioni reiterate che sospendono il tempo e fanno riflettere perché isolano il pensiero in un gesto di profonda concentrazione. Avvolgendo il filo di lana rosso attorno ad una sciarpa (il lavoro di mia nonna), a una bavaglino (il lavoro di mia mamma) e alla mia mano, mi riapproprio dei ricordi d’infanzia attraverso il fare che li ha caratterizzati.

Foto di Davide Tremolada

Paolo Baraldi, Forma e disciplina, affissione, stampa plotter su carta, cm. 150 x 75 cad., 2012

L'equivoco dell'apparenza mina le basi del nostro vedere. Il lavoro presenta la scansione di tre fotografie appartenenti alla mia famiglia, scattate durante un'esercitazione militare per la festa delle forze armate del 1956 a Roma. Le forme che inizialmente mi colpirono cominciarono a venir meno nella loro armonia, nella loro bellezza non appena mi addentrai nei particolari delle fotografie stesse, quelle persone, quei soldati, la posizione degli ufficiali, la disciplina, la tensione marziale che animava il tutto mi ha portato a riflettere su quanto dobbiamo osservare con attenzione le immagini che ci troviamo davanti, scandagliare la natura autoritaria di molte cose all'apparenza piacevoli.

Foto di Davide Tremolada

Daniele Maffeis

Piccoli Aracnici, scrivania in cartone e legno; ritagli e stampe inkjet su carta
Foto: cm. 120 x 90; scrivania: cm. 200 x 60, h.150 cm., 2011 (dettaglio)

Il punto di partenza è una foto: una casetta per bambini con impressa una A cerchiata. Il simbolo dell’anarchia aggiunge una stratificazione al paesaggio. Dal punto di vista formale (forse anche poetico) un atto vandalico ineccepibile. Sulla scrivania un assortimento di materiale da consultazione: i parziali esiti di una ricerca su anarchia e architettura del paesaggio.

- una raccolta di testi;
- cut up di citazioni dai testi;
- intervista ad un anarchico ex squatter;
- intervista ad un architetto;
- cut up dalle trascrizioni delle interviste.

Foto di Davide Tremolada

DX - Luca Maestroni, Kawako, olio e smalto su tela, cm. 200 x 350, 2012

L’opera nasce in riferimento al folklore giapponese che parla di bambini neonati gettati nei fiumi, perché nati in villaggi troppo poveri per poterli sfamare. Il rancore dell’abbandono permette a questi spiriti, chiamati kawako, di sopravvivere sulle sponde dei corsi d’acqua. Posta in precario equilibrio sul capo vi è una ciotola, che contiene ciò che resta della loro linfa vitale. Questa è simbolo di precarietà, terribilmente facile da rovesciare e disperdere, come il risentimento. 

Monitor - Sara Campini, Idolo in naufragio, video, 6’57’’, 2010/2011

Una palpebra si apre e in un’iride convessa si riflette l’immagine. Una barca di creta giace sul fondo di un’ampolla. L’acqua s’insinua negli interstizi dell’argilla. Piccoli granuli si staccano e cadono. Potenza discreta, ma efficace, l’elemento liquido aggredisce il materiale. Pesante e solida, la barca non galleggia, ma affonda come un relitto in completa solitudine. L’acqua accoglie e allo stesso tempo muta lo stato delle cose. Idolo, come certezza. Naufragio, come disgregazione di tale certezza. 

Foto di Davide Tremolada

Francesca Santambrogio, Tagliacuci, collage e disegno, otto fogli cm. 29,7 x 42 cad., 2011

Dopo centocinquanta anni dalla sua unificazione, l’Italia è ancora da assemblare. Al suo interno forze discordi spingono in direzioni diverse. Tagliacuci cerca di recuperare alcune immagini costitutive della nazione e di comporle per mezzo del disegno e del collage, nel tentativo di creare un corpo unitario. I risultati, spesso grotteschi, rivelano otto soggetti ibridi, testimoni di suture e fusioni, per non dimenticare quanto grandi siano le abilità sartoriali del nostro paese.

Foto di Davide Tremolada

Monitor - Luigi Bonetti, Ornitophis fallax - The Discovery Project, video, 8’05’’, 2012

Il cortometraggio trasporta lo spettatore nei primi decenni del XX Secolo, per seguire le avventure di un maldestro zoologo alle prese con un mistero da risolvere. L’idea nasce da un mix di suggestioni derivate dalle grandi esplorazioni naturalistiche portate avanti negli anni a cavallo tra l’Ottocento ed il Novecento e dall’immaginario fantascientifico caratteristico di quegli anni. Immancabili anche i rimandi alla zoologia e alla sua rivisitazione in chiave fantastica, prendendo spunto dai bestiari medioevali, dall’opera di Ulisse Aldrovandi e dai Rinogradi di Harald Stumpke.

Foto di Davide Tremolada

Matteo Maino, Wire Netting vol. 2, 2012, installazione site specific, marker su pvc, proiettore, cm. 307 x 307 e cm. 408 x 307, 2012

“La mano non appare mai meno libera di quando deve ricalcare le linee ortogonali della quadrettatura di un foglio.” (Alighiero Boetti).
Wire Netting nasce da una riflessione sul concetto di limite. Ho ipotizzato che, attraverso la creazione di un limite, si apra una porta su elementi e circostanze dapprima non prese in considerazione. Di conseguenza, all'interno di questo vincolo si crea una nuova libertà. Vorrei provare ad innescare questo processo, innanzi tutto, in me stesso, ricalcando la griglia interna ai vetri, in questo caso fittizia. Lo spettatore sarà poi costretto a dare attenzione a ciòche sta all’esterno della galleria,ma attraverso l’evidenziazione del limite fisico stesso dellobspazio, la vetrata. 

Foto di Davide Tremolada

Umberto Pezzini, Senza Nome, installazione performativa; teca contenente i documenti, cm. 60 x 60 x 120, 2011

I documenti riposti e sigillati sotto la teca per tutta la durata della mostra sono tutti quelli che quotidianamente ci portiamo dietro come prova della nostra identità. Sono la testimonianza in forma cartacea della nostra esistenza agli occhi della società. Con questo lavoro desidero liberarmi di questa identità per l’intera durata della mostra. Vorrei porre delle domande su chi e cosa definisce la nostra identità: il contesto sociale, un sistema, lettere e numeri in un database?

Foto di Davide Tremolada

Diego Ferrari, Cast, serie di fotografie, dimensioni variabili, 2012

Una famiglia di mostruose presenze, un nuovo mondo, solo in apparenza simile al nostro ma desideroso di rivelare l’inquieta e disturbante natura dei soggetti fotografati: i volti dei personaggi (statue del presepe), catturati da un obiettivo macro, mostrano, come sotto una nuova ed inclemente luce, ogni loro irregolarità e difetto.

Foto di Davide Tremolada

Lia Ronchi, Nautilus, quattro fotografie stampate su alluminio bianco, cm. 100 x 67 cad., 2011

Il progetto nasce dalla suggestione del viaggio sotto i mari di Capitan Nemo. Nel nero dei fondali le immagini sono svelate attraverso i bagliori di qualche raggio che filtra. Questa visione prende forma nella retina delle creature che abitano i fondali più remoti e dentro al loro sguardo si sviluppa l’effige onirica di una storia genealogica privata e intima. Io, mia madre, mio padre e mia nonna siamo impressi in un “mare bianco” del tempo, tutti fermi all’età di venti anni. Nell’occhio di un pesce la rappresentazione è sospesa, rallentata, priva di sguardo emotivo.

Foto di Davide Tremolada

Diego Ravotto, Senza titolo, tecnica mista su banconote, 2012 (dettaglio)

Oltre che denaro corrente, le banconote sono anche fisicamente dei fogli di carta stampata. Su di esse sono rappresentate diverse figure, tra cui porte, ponti e portali. Simboleggiano concetti come apertura, cooperazione e unione tra stati e tra persone. Possiedono, dunque, una valenza positiva. Tramite il disegno ho voluto inserire nuove figure che potessero interagire con quelle preesistenti o contrastarne il significato. Le immagini, per quanto piccole e delicate, possono essere il veicolo di un messaggio forte e costringono lo spettatore a guardare con maggiore attenzione. 

Foto di Davide Tremolada