In passato Patty aveva sentito Modou avanzare ipotesi sospette sugli interessi di altre persone in città sulla vecchia sede alla Fabbrica del Vapore. Aveva pensato trattarsi di fantapolitica, invece le tesi si erano puntualmente avverate. Ora un’intera area di Milano era interessata dalla futura espansione della città. Si parlava di wellfare e di politiche di coesione sociale. Milano stava vivendo un momento particolare già da una decina di anni, la città era mutata, gli investimenti avevano interessato la vecchia area delle Varesine/Garibaldi con la rinascita del quartiere Isola e di tutta la zona. Già in quell’occasione gli artisti erano stati partecipi di una lotta senza speranza alla Stecca degli Artigiani contro la nuova urbanizzazione edilizia. Era stata una battaglia inutile e autolesionista: perché difendere una superata visione marxista dell’arte pubblica, opponendosi a una rigenerazione che comunque creava indotto economico? Eppure tanti artisti avevano aderito. Ora con Cascina si rischiava di fare lo stesso, se anziché agire lucidamente, ci si fosse barricati nella ideologia. Modou in passato aveva sempre cercato un dialogo con le istituzioni, le aveva lusingate e fatto di tutto per non pestare i piedi.
Tuttavia ora i giochi erano più grandi di lui. Diverse forze remavano contro, tra esse ad esempio qualcuno che pretendeva che i locali venissero insonorizzati.
Una volta inaugurato l’immobile, a nessuno interessava più che i conti potessero essere saldati. Patty cercava un dialogo con la Fondazione, ripetutamente, per avere supporto; ma il dialogo avrebbe dovuto essere Modou stesso a cercarlo, invece si impuntò in una posizione di attesa e di sfida. Intanto nei bandi si predicava il sostegno al wellfare ed invece per un anno non si ottenne né una risposta né un appuntamento. Quando finalmente fu proposto dalla Fondazione un generoso ulteriore contributo di trentamila euro per insonorizzare gli ambienti e finire di pagare i lavori (nel frattempo era passato un anno), esso fu subordinato a un’azione di revisione e di governance da parte di una società esterna.
Chiaramente Modou non aggiornò Patty su questa evoluzione non secondaria, temeva che avrebbe utilizzato un atteggiamento offensivo con le persone incaricate dalla Fondazione, temeva che si sarebbe scontrata frontalmente, non aveva ancora capito che le modalità di Patty usualmente sortivano un buon effetto, se le era dato operare, perchè erano sincere.
Il consulente inviato dalla Fondazione si scontrò con il muro opposto da Modou e dai suoi collaboratori, le intenzioni erano in effetti sospette e le modalità con cui Modou le respingeva ottenevano un risultato catastrofico.
Quando Patty fece formale richiesta scritta a Modou di avere un incarico ufficiale per seguire questa vicenda, Modou le risposte con una serie di farneticanti accuse di essersi approfittata della sua Organizzazione. Patty decise di sparigliare le carte: inoltrò seduta stante l’e-mail alla Fondazione, causando un parapiglia. Improvvisamente erano diventati la vergogna del non profit. Nessuno capiva più nulla di questo caso emblematico: ognuno difendeva la propria posizione sotto l’egida di sani principi di inclusione sociale, intercultura, coesione nel quartiere, formazione. Solo che queste posizioni erano davvero paradossali. Modou ne faceva motivo di rivendicazione razziale, e personale; per la Fondazione era una questione di principi e regole istituzionali e di pressione ai vertici; per Patty era audacia da benestante. Quello che davvero mancava era una concertazione fra le parti, ognuno agiva unilateralmente, sotto la bandiera della rigenerazione urbana. E sotto questa giustificazione tutto fu messo ancora a tacere. Dopo il fatidico scambio di e-mail vergognose, passò un anno senza che alcun dialogo fosse concesso, e poi la Fondazione annullò 60 mila euro di finanziamenti promessi. Intanto quelle che ci rimettevano erano le imprese non pagate, tutti gli altri stavano ben saldi nelle loro posizioni. A chi può importare di cinque o sei imprese non pagate, quando si tratta di fare rigenerazione urbana?
In passato Patty aveva sentito Modou avanzare ipotesi sospette sugli interessi di altre persone in città sulla vecchia sede alla Fabbrica del Vapore. Aveva pensato trattarsi di fantapolitica, invece le tesi si erano puntualmente avverate. Ora un’intera area di Milano era interessata dalla futura espansione della città. Si parlava di wellfare e di politiche di coesione sociale. Milano stava vivendo un momento particolare già da una decina di anni, la città era mutata, gli investimenti avevano interessato la vecchia area delle Varesine/Garibaldi con la rinascita del quartiere Isola e di tutta la zona. Già in quell’occasione gli artisti erano stati partecipi di una lotta senza speranza alla Stecca degli Artigiani contro la nuova urbanizzazione edilizia. Era stata una battaglia inutile e autolesionista: perché difendere una superata visione marxista dell’arte pubblica, opponendosi a una rigenerazione che comunque creava indotto economico? Eppure tanti artisti avevano aderito. Ora con Cascina si rischiava di fare lo stesso, se anziché agire lucidamente, ci si fosse barricati nella ideologia. Modou in passato aveva sempre cercato un dialogo con le istituzioni, le aveva lusingate e fatto di tutto per non pestare i piedi.
Tuttavia ora i giochi erano più grandi di lui. Diverse forze remavano contro, tra esse ad esempio qualcuno che pretendeva che i locali venissero insonorizzati.
Una volta inaugurato l’immobile, a nessuno interessava più che i conti potessero essere saldati. Patty cercava un dialogo con la Fondazione, ripetutamente, per avere supporto; ma il dialogo avrebbe dovuto essere Modou stesso a cercarlo, invece si impuntò in una posizione di attesa e di sfida. Intanto nei bandi si predicava il sostegno al wellfare ed invece per un anno non si ottenne né una risposta né un appuntamento. Quando finalmente fu proposto dalla Fondazione un generoso ulteriore contributo di trentamila euro per insonorizzare gli ambienti e finire di pagare i lavori (nel frattempo era passato un anno), esso fu subordinato a un’azione di revisione e di governance da parte di una società esterna.
Chiaramente Modou non aggiornò Patty su questa evoluzione non secondaria, temeva che avrebbe utilizzato un atteggiamento offensivo con le persone incaricate dalla Fondazione, temeva che si sarebbe scontrata frontalmente, non aveva ancora capito che le modalità di Patty usualmente sortivano un buon effetto, se le era dato operare, perchè erano sincere.
Il consulente inviato dalla Fondazione si scontrò con il muro opposto da Modou e dai suoi collaboratori, le intenzioni erano in effetti sospette e le modalità con cui Modou le respingeva ottenevano un risultato catastrofico.
Quando Patty fece formale richiesta scritta a Modou di avere un incarico ufficiale per seguire questa vicenda, Modou le risposte con una serie di farneticanti accuse di essersi approfittata della sua Organizzazione. Patty decise di sparigliare le carte: inoltrò seduta stante l’e-mail alla Fondazione, causando un parapiglia. Improvvisamente erano diventati la vergogna del non profit. Nessuno capiva più nulla di questo caso emblematico: ognuno difendeva la propria posizione sotto l’egida di sani principi di inclusione sociale, intercultura, coesione nel quartiere, formazione. Solo che queste posizioni erano davvero paradossali. Modou ne faceva motivo di rivendicazione razziale, e personale; per la Fondazione era una questione di principi e regole istituzionali e di pressione ai vertici; per Patty era audacia da benestante. Quello che davvero mancava era una concertazione fra le parti, ognuno agiva unilateralmente, sotto la bandiera della rigenerazione urbana. E sotto questa giustificazione tutto fu messo ancora a tacere. Dopo il fatidico scambio di e-mail vergognose, passò un anno senza che alcun dialogo fosse concesso, e poi la Fondazione annullò 60 mila euro di finanziamenti promessi. Intanto quelle che ci rimettevano erano le imprese non pagate, tutti gli altri stavano ben saldi nelle loro posizioni. A chi può importare di cinque o sei imprese non pagate, quando si tratta di fare rigenerazione urbana?
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