Le donne testarde (Montaigne)
Quelli che hanno a che fare con delle donne testarde possono aver sperimentato a quale rabbia vengono spinte quando alla loro agitazione si opponga il silenzio e la freddezza, e si smette di alimentare il loro corruccio. Non c’e’ replica così pungente come tale disprezzo.
Sia Patty sia Modou sembravano impegnati a non ripetere gli stessi meccanismi, erano abbastanza bravi nel tentare di correggersi, e Patty cercava di non comportarsi aggressivamente né di invadere il campo altrui, e Modou cercava di collaborare e di informare sui fatti salienti, anche se entrambi nel fondo rimanevano arroccati sulle proprie posizioni. Patty insisteva nella sua determinazione a mettere i conti in ordine, Modou insisteva nell’agire in libertà senza informare preventivamente l’amica invadente. Non raccontava tutti i problemi a Patty, perché sapeva che lei reagiva con veemenza, iniziando a telefonare a destra e a manca. Era un continuo di cavilli burocratici, ritardi amministrativi, difficoltà bancarie, litigi fra collaboratori, eppure Modou assorbiva tutto come un punchBall e affrontava da solo le difficoltà con il suo solito atteggiamento fatalista e disilluso. Quando il problema arrivava alle orecchie di Patty, era perché ormai era diventato parecchio grave. All’opposto dell’atteggiamento attendista africano, venivano fuori i suoi avi veneti e lombardi, gente del fare, pragmatica e dittatoriale. Pretendeva che il problema fosse affrontato e risolto subito subito, anche se non sempre era possibile. Queste esternazioni davano molto fastidio a Modou, che si rinchiudeva ancora più in se stesso. Se Patty provava a ottenere appoggio dagli altri collaboratori e volontari, trovava un muro. Così un permesso richiesto solo a metà si trasformava in una multa, un’attrezzatura ordinata sbagliata andava sostituita, una vicina di casa rapace si trasformava in una guerra dei marchi, il suono degli strumenti provocava uscite di vigili e richiami comunali che richiedevano insonorizzazione. In tutto questo avvilente susseguirsi di richieste e ammonimenti, per fortuna le attività si svolgevano con ritmi serrati e molto entusiasmo. Nessuno percepiva quanta fatica costasse quella programmazione culturale assidua e puntuale. I frequentatori, gli abitanti, il pubblico, i volontari, tutti sorridevano e si complimentavano, incuranti delle tensioni sottostanti. Patty si accorse che Modou le nascondeva dei passaggi, ma chiuse un occhio, o due. Con più remissività riusciva ad ottenere di più, ed infatti ultimamente la progettualità sembrava filare liscia. Si era finalmente giunti, dopo un anno di richieste sfinenti a commercialista e contabile, ad abbozzare un bilancio. Se Patty avesse continuato così, probabilmente ce l’avrebbe fatta ad ottenere una amministrazione precisa. Ed intanto le attività fiorivano.
Nella sala didattica si tenevano corsi di lingua per stranieri, laboratori fotografici, seminari, prove varie. Nella grande sala multifunzionale si tenevano i concerti, con musica della più varia, dal rock al jazz, dalla world music ai canti popolari e ai cori gospel. A maggio si organizzava con Paolo Lodigiani il concorso Doremifasud per artisti provenienti dal sud del mondo.
E tramite la musica si cercava di coinvolgere le giovani generazioni.
Nella piccola sala teatrale si svolgevano corsi di teatro, workshop per bambini e attività formative di vario tipo.
Gli eventi musicali o teatrali erano accompagnati da tutte una serie di iniziative legate al cibo, con laboratori di cucina internazionale e un quantità di cuochi più o meno professionisti che si avvicendavano nella grande cucina.
Modou era sempre stato desideroso di una bella cucina, dagli anni in cui aveva fatto il panettiere. Aveva anche stretto un rapporto con la scuola Galdus che professionalizza i ragazzi verso mestieri come anche il cibo.
E dopo avere organizzato qualcosa alla Fabbrica del Vapore, erano stati in visita da Galdus, assieme a Maurizio Stocchetto del Bar Basso e a Monica Vanini di Ponderosa. Covavano nel cassetto l’ambizioso sogno di organizzare tutti assieme qualcosa.
Una attività parallela importante era quella riservata alle grosse manifestazioni organizzate assieme alle istituzioni nel quartiere: dalla scuola dei quartieri con Avanzi e il Comune di Milano, alla festa del PD, dai nuovi eventi di Africa Rivista che avrebbe trasferito la sede in Cascina fino ai grandi ritrovi di quartiere.
Eppoi c’erano le iniziative più propriamente artistiche: dalle sfilate di moda di giovani creativi che utilizzavano influssi e modelle da culture diverse, alle mostre di artisti da paesi del Sud (Malak, il maliano rifugiato in Italia che coltivava una passione artistica con risultati notevoli) e del Nord (Peter Kaergaard, il ricercatore dalla Danimarca invitato da Viafarini a risiedere in Cascina per un mese per sviluppare il progetto nel quartiere “World Class Citizen”).
Nel frattempo Viafarini tentava di portare in Cascina la rete di Artepassante, ma con scarsi risultati, visti i litigi che ne conseguirono. Però su di un progetto si tenne duro: i laboratori delle artiste terapiste di Gruppo TRA, che furono organizzati alla Cascina grazie a un bando del Comune di Milano. E che dimostrarono ancora una volta quanto sia difficile costruire un’utenza in certi quartieri.
Viafarini ha collaborato con Sunugal anche per il progetto OpenAgri per selezionare il miglior progetto artistico da sviluppare nel quartiere Corvetto, una volta tanto con un budget di produzione per gli artisti, grazie ai fondi europei. E Patty rimase stupefatta quando incontrò in Cascina nientemeno che il Prof. Roberto Pinto, critico d’arte e amico di una vita, che tenne una magnifica lezione.
E da ultimo, come non citare le attività che si svolgevano in biblioteca, spesso trasformata in una vivacissima ludoteca per i bimbi che frequentavano la Cascina?
Comunque sia, a conti fatti, dopo un anno si potevano vedere dei risultati e si poteva essere molto soddisfatti: si era prodotto davvero un contesto, un’atmosfera, un palinsesto. Il risultato poteva essere discusso, poteva essere più o meno apprezzato, ma era coerente. Il luogo aveva una sua identità. Patty sapeva che l’immagine di Cascina poteva non piacere a qualcuno, per l’atmosfera africana che prevaleva, talvolta perché la carta igienica non era al suo posto piuttosto che la decorazione non era milanese. Ma era sicuramente un’immagine forte, autentica, serena. A Patty piaceva che quel posto fosse diverso da qualsiasi altro a Milano. Tutti quei bambini che si divertivano a rincorrersi nella corte, quei musicisti che circolavano con i loro strumenti, quei discorsi idealisti che si tenevano, quei gruppi etnici che vi si riunivano. Era un’atmosfera assolutamente unica e divertente. Perfino tutte quelle donne un po’ alternative, nostalgicamente figlie dei fiori. Perfino loro ci volevano, facevano parte del contesto. Patty percepiva che quel luogo comunque funzionava e riusciva a non assomigliare a quei tanti “luoghi culturali” milanesi che sotto l’egida del sociale erano in realtà delle location per eventi radical chic. La peculiarità di Cascina era proprio la sua gestione, l’impronta originale che Modou e gli altri soci di Mascherenere/Sunugal riuscivano a darle. Con duttilità ed opportunismo, praticando bene l’arte di farsi ben volere, sapendo sorridere, sempre gentile e piacevole, Modou sosteneva il suo ruolo con molta abilità. Possedeva la capacità di tacere, di ruminare fra se’ ma di non contraddire gli altri, di esigere invece di supplicare. Con queste abilità navigava a vista ormai da tanti anni, incrociando persone che lo seguivano, lo supportavano, poi lo mollavano, ma senza volergliene male.
Moudou Gueye alla sala didattica della Cascina C.I.Q.
Le donne testarde (Montaigne)
Quelli che hanno a che fare con delle donne testarde possono aver sperimentato a quale rabbia vengono spinte quando alla loro agitazione si opponga il silenzio e la freddezza, e si smette di alimentare il loro corruccio. Non c’e’ replica così pungente come tale disprezzo.
Sia Patty sia Modou sembravano impegnati a non ripetere gli stessi meccanismi, erano abbastanza bravi nel tentare di correggersi, e Patty cercava di non comportarsi aggressivamente né di invadere il campo altrui, e Modou cercava di collaborare e di informare sui fatti salienti, anche se entrambi nel fondo rimanevano arroccati sulle proprie posizioni. Patty insisteva nella sua determinazione a mettere i conti in ordine, Modou insisteva nell’agire in libertà senza informare preventivamente l’amica invadente. Non raccontava tutti i problemi a Patty, perché sapeva che lei reagiva con veemenza, iniziando a telefonare a destra e a manca. Era un continuo di cavilli burocratici, ritardi amministrativi, difficoltà bancarie, litigi fra collaboratori, eppure Modou assorbiva tutto come un punchBall e affrontava da solo le difficoltà con il suo solito atteggiamento fatalista e disilluso. Quando il problema arrivava alle orecchie di Patty, era perché ormai era diventato parecchio grave. All’opposto dell’atteggiamento attendista africano, venivano fuori i suoi avi veneti e lombardi, gente del fare, pragmatica e dittatoriale. Pretendeva che il problema fosse affrontato e risolto subito subito, anche se non sempre era possibile. Queste esternazioni davano molto fastidio a Modou, che si rinchiudeva ancora più in se stesso. Se Patty provava a ottenere appoggio dagli altri collaboratori e volontari, trovava un muro. Così un permesso richiesto solo a metà si trasformava in una multa, un’attrezzatura ordinata sbagliata andava sostituita, una vicina di casa rapace si trasformava in una guerra dei marchi, il suono degli strumenti provocava uscite di vigili e richiami comunali che richiedevano insonorizzazione. In tutto questo avvilente susseguirsi di richieste e ammonimenti, per fortuna le attività si svolgevano con ritmi serrati e molto entusiasmo. Nessuno percepiva quanta fatica costasse quella programmazione culturale assidua e puntuale. I frequentatori, gli abitanti, il pubblico, i volontari, tutti sorridevano e si complimentavano, incuranti delle tensioni sottostanti. Patty si accorse che Modou le nascondeva dei passaggi, ma chiuse un occhio, o due. Con più remissività riusciva ad ottenere di più, ed infatti ultimamente la progettualità sembrava filare liscia. Si era finalmente giunti, dopo un anno di richieste sfinenti a commercialista e contabile, ad abbozzare un bilancio. Se Patty avesse continuato così, probabilmente ce l’avrebbe fatta ad ottenere una amministrazione precisa. Ed intanto le attività fiorivano.
Nella sala didattica si tenevano corsi di lingua per stranieri, laboratori fotografici, seminari, prove varie. Nella grande sala multifunzionale si tenevano i concerti, con musica della più varia, dal rock al jazz, dalla world music ai canti popolari e ai cori gospel. A maggio si organizzava con Paolo Lodigiani il concorso Doremifasud per artisti provenienti dal sud del mondo.
E tramite la musica si cercava di coinvolgere le giovani generazioni.
Nella piccola sala teatrale si svolgevano corsi di teatro, workshop per bambini e attività formative di vario tipo.
Gli eventi musicali o teatrali erano accompagnati da tutte una serie di iniziative legate al cibo, con laboratori di cucina internazionale e un quantità di cuochi più o meno professionisti che si avvicendavano nella grande cucina.
Modou era sempre stato desideroso di una bella cucina, dagli anni in cui aveva fatto il panettiere. Aveva anche stretto un rapporto con la scuola Galdus che professionalizza i ragazzi verso mestieri come anche il cibo.
E dopo avere organizzato qualcosa alla Fabbrica del Vapore, erano stati in visita da Galdus, assieme a Maurizio Stocchetto del Bar Basso e a Monica Vanini di Ponderosa. Covavano nel cassetto l’ambizioso sogno di organizzare tutti assieme qualcosa.
Una attività parallela importante era quella riservata alle grosse manifestazioni organizzate assieme alle istituzioni nel quartiere: dalla scuola dei quartieri con Avanzi e il Comune di Milano, alla festa del PD, dai nuovi eventi di Africa Rivista che avrebbe trasferito la sede in Cascina fino ai grandi ritrovi di quartiere.
Eppoi c’erano le iniziative più propriamente artistiche: dalle sfilate di moda di giovani creativi che utilizzavano influssi e modelle da culture diverse, alle mostre di artisti da paesi del Sud (Malak, il maliano rifugiato in Italia che coltivava una passione artistica con risultati notevoli) e del Nord (Peter Kaergaard, il ricercatore dalla Danimarca invitato da Viafarini a risiedere in Cascina per un mese per sviluppare il progetto nel quartiere “World Class Citizen”).
Nel frattempo Viafarini tentava di portare in Cascina la rete di Artepassante, ma con scarsi risultati, visti i litigi che ne conseguirono. Però su di un progetto si tenne duro: i laboratori delle artiste terapiste di Gruppo TRA, che furono organizzati alla Cascina grazie a un bando del Comune di Milano. E che dimostrarono ancora una volta quanto sia difficile costruire un’utenza in certi quartieri.
Viafarini ha collaborato con Sunugal anche per il progetto OpenAgri per selezionare il miglior progetto artistico da sviluppare nel quartiere Corvetto, una volta tanto con un budget di produzione per gli artisti, grazie ai fondi europei. E Patty rimase stupefatta quando incontrò in Cascina nientemeno che il Prof. Roberto Pinto, critico d’arte e amico di una vita, che tenne una magnifica lezione.
E da ultimo, come non citare le attività che si svolgevano in biblioteca, spesso trasformata in una vivacissima ludoteca per i bimbi che frequentavano la Cascina?
Comunque sia, a conti fatti, dopo un anno si potevano vedere dei risultati e si poteva essere molto soddisfatti: si era prodotto davvero un contesto, un’atmosfera, un palinsesto. Il risultato poteva essere discusso, poteva essere più o meno apprezzato, ma era coerente. Il luogo aveva una sua identità. Patty sapeva che l’immagine di Cascina poteva non piacere a qualcuno, per l’atmosfera africana che prevaleva, talvolta perché la carta igienica non era al suo posto piuttosto che la decorazione non era milanese. Ma era sicuramente un’immagine forte, autentica, serena. A Patty piaceva che quel posto fosse diverso da qualsiasi altro a Milano. Tutti quei bambini che si divertivano a rincorrersi nella corte, quei musicisti che circolavano con i loro strumenti, quei discorsi idealisti che si tenevano, quei gruppi etnici che vi si riunivano. Era un’atmosfera assolutamente unica e divertente. Perfino tutte quelle donne un po’ alternative, nostalgicamente figlie dei fiori. Perfino loro ci volevano, facevano parte del contesto. Patty percepiva che quel luogo comunque funzionava e riusciva a non assomigliare a quei tanti “luoghi culturali” milanesi che sotto l’egida del sociale erano in realtà delle location per eventi radical chic. La peculiarità di Cascina era proprio la sua gestione, l’impronta originale che Modou e gli altri soci di Mascherenere/Sunugal riuscivano a darle. Con duttilità ed opportunismo, praticando bene l’arte di farsi ben volere, sapendo sorridere, sempre gentile e piacevole, Modou sosteneva il suo ruolo con molta abilità. Possedeva la capacità di tacere, di ruminare fra se’ ma di non contraddire gli altri, di esigere invece di supplicare. Con queste abilità navigava a vista ormai da tanti anni, incrociando persone che lo seguivano, lo supportavano, poi lo mollavano, ma senza volergliene male.
Locandina JazzMi, 2018
Black Beat Movement in concerto alla Cascina durante JazzMi 2018
Ballo popolare nella Cascina C.I.Q.
The Good News Female Gospel Choir
Concorso DOREMIFASUD - Dialoghi in musica con il Sud del Mondo.
Organizzato ogni anno da Sunugal con il supporto di Paolo Lodigiani
Programma DOREMIFASUD, 2019
Giovani in concerto alla Cascina C.I.Q.
Il laboratorio di ristorazione di C.I.Q. Centro Internazionale di Quartiere
Modou Gueye con Maurizio Stocchetto in visita alle cucine di Bar Basso, 2018
Maurizio Stocchetto, Bar Basso
GALDUS - Laboratorio Ristorazione
Monica Vanini - Ponderosa - con gli studenti della Scuola di Ristorazione di Galdus
Modou Gueye e Monica Vanini
Le cucine di Galdus
Simone Frangi in visita alla Scuola di Ristorazione Galdus
Monica Santini, Simone Frangi, Giulio Verago, Lorenzo Carmi (Ponderosa) e Modou Gueye a casa di Patrizia fanno progetti per la Fabbrica del Vapore, 2018
La Scuola dei Quartieri
La Scuola dei Quartieri alla Cascina C.I.Q., 2018
Le attività della Scuola dei Quartieri
La Scuola dei Quartieri alla Cascina C.I.Q., 2018
Festa de l'Unità di Milano Metropolitana alla Cascina, 2018
Festa de l'Unità di Milano Metropolitana alla Cascina C.I.Q., 2018
Africa Rivista alla Cascina
Gli uffici di Africa Rivista alla Cascina C.I.Q., 2020
Il Centro di Documentazione Raffaele Masto, presso la Cascina C.I.Q., 2020
Sfilata nel cortile della Cascina C.I.Q., ottobre 2018
Malak, dettaglio dei lavori
Malak
I lavori di Malak, artista Maliano rifugiato in Italia, esposti alla Cascina C.I.Q.
Peter Kaergaard, ricercatore danese invitato da Viafarini a risiedere in Cascina per un mese per sviluppare il progetto “World Class Citizen” nel quartiere Corvetto
Peter Kaergaard nel cortile della Cascina C.I.Q.
Facsiimile, installazione
Peter Kaergaard, con Giulio Verago, installa il progetto "Facsimile" sviluppato nel quartiere Corvetto, a Milano
I diversi spazi della Cascina C.I.Q. e le loro funzioni
"Atelier Artistico Aperto" , progetto di Gruppo TRA e Anna Saccone con Circuiti Dinamici per la Cascina C.I.Q., 2019
Anna Pozzato -Gruppo TRA- e Anna Saccone -Circuiti Dinamici- nello spazio-laboratorio di Cascina C.I.Q., 2019
Laboratorio artistico "Le Case degli Animali" a cura di Gruppo TRA, 2019
Workshop - Laboratorio Artistico di carta tessuta, al C.I.Q., 2019.
Tra i partecipanti: Clara Mantica, Daniela Tirelli (Baobab) e Ana Pedroso (Cubeart)
Sala giochi alla Cascina C.I.Q.
Biblioteca per i più piccoli alla Cascina C.I.Q.
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