Il modo più chiaro in cui Patty si rese conto di quanto i soci africani di Mascherenere/Sunugal fossero imprevedibili, fu partecipando a una riunione collettiva con loro, la prima e l’ultima peraltro. Nel dicembre 2015, per qualche motivo, Patty riuscì finalmente a metterli insieme, farli incontrare nel proprio ufficio. Si erano seduti tutti in cerchio e Patty sperava in una discussione franca. Invece parlò solo Modou. Informò che Sunugal era riuscita a vincere un bando pubblico per avere in gestione niente meno che una Cascina storica a Milano. Tuttavia in quell’attività Patty non avrebbe avuto un ruolo, il suo compito era limitato alla Fabbrica del Vapore, da cui non poteva sconfinare. Per cui si affidasse pure a coloro che sarebbero rimasti operativi alla Fabbrica del Vapore, e lasciasse Modou libero da ogni legame alla Cascina dove Patty non avrebbe messo becco. Sembrava quasi che quello che per lei era stato motivo di orgoglio e condivisione, per Modou fosse solo fastidio e rivendicazione. Era come un territorio conquistato su cui Patty aveva messo bandiera, che ora Modou lasciava per nuove avventure, in cui non la voleva con sé. Per Modou doveva essere difficile avere qualcuno con cui sentirsi in obbligo, che gli chiedeva resoconto delle sue azioni. Era per lui un limite inaccettabile. Contro ogni evidenza, quella donna era pur sempre una terza parte, qualcuno che poteva ritorcerglisi contro. Le aveva nascosto la progettualità della Cascina, aveva lavorato per mesi con altre persone a sua insaputa. Però lo stesso giorno della “vincita” del bando le aveva telefonato per comunicarglielo. Voleva fare da solo, indipendentemente da quella donna spesso invadente ed esplosiva, impulsiva e inopportuna. Poteva perdere le staffe, ed allora si trasformava in una iena, una strega. Urlava di fronte a tutti, incurante di chi li ascoltasse. Trattava Modou come non si deve trattare un uomo. Non sapeva attendere il momento più propizio, non aveva tattica né astuzia. La pazienza strategica che aveva Modou, aspettando sempre il momento giusto e non dando segni esteriori delle sue intenzioni, Patty non sapeva cosa fosse. Era opportuno precluderle qualsiasi interferenza alla Cascina. Patty fu offesa e umiliata da quella scoperta. Non capiva come si potesse trattarla così, non capiva l’irriconoscenza dell’Organizzazione. Le sembrava paradossale, grottesco.
Andò anche a una presentazione pubblica del progetto che le fu comunicata quasi per sbaglio, in cui Modou raccontò la sfida con grande soddisfazione, e Patty sì senti ridicolamente esclusa. Una bella ragazza che ascoltava con molta attenzione le rivolse la parola, affermò che il progetto era ambizioso ma fattibile; risultò che la ragazza aveva collaborato alla stesura del progetto, aveva dato il suo parere su alcuni aspetti gestionali. Era il colmo. Dopo tre anni di assiduo lavoro al fianco di Mamadou, di iniezioni di capitali, questa donna venuta dal nulla aveva visto il progetto misterioso che a Patty veniva tenuto nascosto. Dopo aver salvato l’Organizzazione per tre lunghi anni, dopo aver contribuito con una cifra enorme anche a titolo personale, questo era il comportamento. Forse era proprio l’assurdo della storia che la rendeva sopportabile.
Fino ad allora le sembrava di aver sempre brillantemente risolto le problematiche che si ponevano nell’attività, e le veniva esplicitamente riconosciuto che era brava. Quel trattamento che si ripresentava ciclicamente, di mancanza di fiducia e riconoscenza, e che si sarebbe ripresentato in futuro, la feriva molto. Come Modou soffriva nel sentirti periodicamente richiamare al laccio del debito. Era una piccola trappola in cui si erano cacciati, feconda di idee e risultati, ma pur sempre una trappola. Anche in quell’occasione Patty non si diede per vinta, esternò le sue obiezioni. Modou ascoltò e ribatte’ con la sue osservazioni. Per fortuna esisteva comunque un dialogo, un ascolto, anche una reciproca comprensione.
Passarono tre mesi e a primavera del 2016 Modou invitò Patty a visitare la Cascina. Era appena avvenuta l'aggiudicazione definitiva. Non gliela avevano ancora consegnata ufficialmente. Per Modou era un gesto difficile, o forse necessario, per come si mettevano le cose, ma Patty volle credere che si sentisse in obbligo e onorato di fargliela vedere. A Patty l’edificio piacque molto. Era alle porte di Milano, dentro Milano, eppure pareva di essere in campagna. Aveva un aspetto molto retrò, era anche molto malandata, le camere erano addirittura fatiscenti. Ma dal cortile si vedeva il boschetto limitrofo, e si sentivano gli uccellini. Sicuramente quello che prevalse fu il gusto della sfida, la passione di vedere all’orizzonte una nuova impresa, la bellezza della scommessa: avviarvi un Centro Internazionale di Quartiere. Patty pensava di essere ormai coinvolta nel progetto, anche se sapeva che non lo era. Era dentro e fuori allo stesso tempo. Sempre sarebbe stato così, coinvolta ma non informata, informata ma non coinvolta. Decise di accettare la situazione per quello che era, e di stare a guardare cosa riservava il futuro. Durante quell’anno, il 2016, sospese i finanziamenti a Sunugal. Nel frattempo Modou curava quella riserva come se fosse un figlio. Entrò in possesso dell’edificio e non potendo farci nulla, perché non aveva né i denari né ancora i permessi edili, semplicemente strappava le erbacce, puliva, vi si avvicendava intorno. Per mesi si dedicò alla Cascina anima e corpo. Non disse a Patty che aveva presentato una richiesta di contributo a Fondazione Cariplo, lo rivelò solo quando ebbe la risposta affermativa. A quel punto era il dicembre del 2016, era passato un anno dall’assegnazione dell’immobile, vi aveva realizzato anche qualche evento sporadico, giusto per mostrarla alla propria comunità. Ormai era quasi Natale e tra un segreto e l’altro Patty venne a conoscenza di tre fatti fondamentali.
Primo, la Fondazione avrebbe sostenuto la ristrutturazione e l’avviamento della Cascina sulla base del progetto Cascina Attiva, secondo, due architette milanesi – Piera Patera e Marilena Madalozzi di MAP Studio- avevano realizzato un bellissimo progetto di sistemazione, terzo, Sunugal era tanto per cambiare senza soldi sul conto corrente. In questi momenti Modou si faceva particolarmente remissivo. Quando aveva l’acqua alla gola, assumeva un atteggiamento più in ascolto. Non scendeva a troppi compromessi, nulla a che vedere con la supplica, o anche solo con la richiesta. Semplicemente annuiva se gli si faceva presente che aveva bisogno di soldi. In ultima analisi era sempre colpa dell’atteggiamento responsabile di Patty: quando capiva che gli stipendi da un po’ non venivano pagati, non riusciva a sopportare la situazione. La considerava come fosse propria, e mai avrebbe permesso che la sua associazione fosse in debito con qualcuno. Da sempre era precisissima con i pagamenti. Era una questione di principio, che le era stata insegna fin da piccola. Quando Modou annaspava, provvedeva subito a bonificare diecimila euro sul conto dell’Organizzazione, alla voce generica “prestito finanziamento”, senza altre formalità. Quel Natale però si fece promettere da Modou dovrebbero fatto un punto zero, che le sarebbe stato comunicato l’ammontare del debito, esso sarebbe stato appianato, e da lì in poi si sarebbe seguita una pianificazione dei costi molto stretta, preventiva, e dove è possibile si sarebbero tagliate le spese.
In foto: Aggiudicazione definitiva dell'assegnazione in uso, per la durata di anni 15, dell'immobile di proprietà comunale denominato "Cascina Casottello" sito in Milano, via Fabio Massimo n. 19, all'Associazione Sunugal, in data 03/02/2016
Il modo più chiaro in cui Patty si rese conto di quanto i soci africani di Mascherenere/Sunugal fossero imprevedibili, fu partecipando a una riunione collettiva con loro, la prima e l’ultima peraltro. Nel dicembre 2015, per qualche motivo, Patty riuscì finalmente a metterli insieme, farli incontrare nel proprio ufficio. Si erano seduti tutti in cerchio e Patty sperava in una discussione franca. Invece parlò solo Modou. Informò che Sunugal era riuscita a vincere un bando pubblico per avere in gestione niente meno che una Cascina storica a Milano. Tuttavia in quell’attività Patty non avrebbe avuto un ruolo, il suo compito era limitato alla Fabbrica del Vapore, da cui non poteva sconfinare. Per cui si affidasse pure a coloro che sarebbero rimasti operativi alla Fabbrica del Vapore, e lasciasse Modou libero da ogni legame alla Cascina dove Patty non avrebbe messo becco. Sembrava quasi che quello che per lei era stato motivo di orgoglio e condivisione, per Modou fosse solo fastidio e rivendicazione. Era come un territorio conquistato su cui Patty aveva messo bandiera, che ora Modou lasciava per nuove avventure, in cui non la voleva con sé. Per Modou doveva essere difficile avere qualcuno con cui sentirsi in obbligo, che gli chiedeva resoconto delle sue azioni. Era per lui un limite inaccettabile. Contro ogni evidenza, quella donna era pur sempre una terza parte, qualcuno che poteva ritorcerglisi contro. Le aveva nascosto la progettualità della Cascina, aveva lavorato per mesi con altre persone a sua insaputa. Però lo stesso giorno della “vincita” del bando le aveva telefonato per comunicarglielo. Voleva fare da solo, indipendentemente da quella donna spesso invadente ed esplosiva, impulsiva e inopportuna. Poteva perdere le staffe, ed allora si trasformava in una iena, una strega. Urlava di fronte a tutti, incurante di chi li ascoltasse. Trattava Modou come non si deve trattare un uomo. Non sapeva attendere il momento più propizio, non aveva tattica né astuzia. La pazienza strategica che aveva Modou, aspettando sempre il momento giusto e non dando segni esteriori delle sue intenzioni, Patty non sapeva cosa fosse. Era opportuno precluderle qualsiasi interferenza alla Cascina. Patty fu offesa e umiliata da quella scoperta. Non capiva come si potesse trattarla così, non capiva l’irriconoscenza dell’Organizzazione. Le sembrava paradossale, grottesco.
Andò anche a una presentazione pubblica del progetto che le fu comunicata quasi per sbaglio, in cui Modou raccontò la sfida con grande soddisfazione, e Patty sì senti ridicolamente esclusa. Una bella ragazza che ascoltava con molta attenzione le rivolse la parola, affermò che il progetto era ambizioso ma fattibile; risultò che la ragazza aveva collaborato alla stesura del progetto, aveva dato il suo parere su alcuni aspetti gestionali. Era il colmo. Dopo tre anni di assiduo lavoro al fianco di Mamadou, di iniezioni di capitali, questa donna venuta dal nulla aveva visto il progetto misterioso che a Patty veniva tenuto nascosto. Dopo aver salvato l’Organizzazione per tre lunghi anni, dopo aver contribuito con una cifra enorme anche a titolo personale, questo era il comportamento. Forse era proprio l’assurdo della storia che la rendeva sopportabile.
Fino ad allora le sembrava di aver sempre brillantemente risolto le problematiche che si ponevano nell’attività, e le veniva esplicitamente riconosciuto che era brava. Quel trattamento che si ripresentava ciclicamente, di mancanza di fiducia e riconoscenza, e che si sarebbe ripresentato in futuro, la feriva molto. Come Modou soffriva nel sentirti periodicamente richiamare al laccio del debito. Era una piccola trappola in cui si erano cacciati, feconda di idee e risultati, ma pur sempre una trappola. Anche in quell’occasione Patty non si diede per vinta, esternò le sue obiezioni. Modou ascoltò e ribatte’ con la sue osservazioni. Per fortuna esisteva comunque un dialogo, un ascolto, anche una reciproca comprensione.
Passarono tre mesi e a primavera del 2016 Modou invitò Patty a visitare la Cascina. Era appena avvenuta l'aggiudicazione definitiva. Non gliela avevano ancora consegnata ufficialmente. Per Modou era un gesto difficile, o forse necessario, per come si mettevano le cose, ma Patty volle credere che si sentisse in obbligo e onorato di fargliela vedere. A Patty l’edificio piacque molto. Era alle porte di Milano, dentro Milano, eppure pareva di essere in campagna. Aveva un aspetto molto retrò, era anche molto malandata, le camere erano addirittura fatiscenti. Ma dal cortile si vedeva il boschetto limitrofo, e si sentivano gli uccellini. Sicuramente quello che prevalse fu il gusto della sfida, la passione di vedere all’orizzonte una nuova impresa, la bellezza della scommessa: avviarvi un Centro Internazionale di Quartiere. Patty pensava di essere ormai coinvolta nel progetto, anche se sapeva che non lo era. Era dentro e fuori allo stesso tempo. Sempre sarebbe stato così, coinvolta ma non informata, informata ma non coinvolta. Decise di accettare la situazione per quello che era, e di stare a guardare cosa riservava il futuro. Durante quell’anno, il 2016, sospese i finanziamenti a Sunugal. Nel frattempo Modou curava quella riserva come se fosse un figlio. Entrò in possesso dell’edificio e non potendo farci nulla, perché non aveva né i denari né ancora i permessi edili, semplicemente strappava le erbacce, puliva, vi si avvicendava intorno. Per mesi si dedicò alla Cascina anima e corpo. Non disse a Patty che aveva presentato una richiesta di contributo a Fondazione Cariplo, lo rivelò solo quando ebbe la risposta affermativa. A quel punto era il dicembre del 2016, era passato un anno dall’assegnazione dell’immobile, vi aveva realizzato anche qualche evento sporadico, giusto per mostrarla alla propria comunità. Ormai era quasi Natale e tra un segreto e l’altro Patty venne a conoscenza di tre fatti fondamentali.
Primo, la Fondazione avrebbe sostenuto la ristrutturazione e l’avviamento della Cascina sulla base del progetto Cascina Attiva, secondo, due architette milanesi – Piera Patera e Marilena Madalozzi di MAP Studio- avevano realizzato un bellissimo progetto di sistemazione, terzo, Sunugal era tanto per cambiare senza soldi sul conto corrente. In questi momenti Modou si faceva particolarmente remissivo. Quando aveva l’acqua alla gola, assumeva un atteggiamento più in ascolto. Non scendeva a troppi compromessi, nulla a che vedere con la supplica, o anche solo con la richiesta. Semplicemente annuiva se gli si faceva presente che aveva bisogno di soldi. In ultima analisi era sempre colpa dell’atteggiamento responsabile di Patty: quando capiva che gli stipendi da un po’ non venivano pagati, non riusciva a sopportare la situazione. La considerava come fosse propria, e mai avrebbe permesso che la sua associazione fosse in debito con qualcuno. Da sempre era precisissima con i pagamenti. Era una questione di principio, che le era stata insegna fin da piccola. Quando Modou annaspava, provvedeva subito a bonificare diecimila euro sul conto dell’Organizzazione, alla voce generica “prestito finanziamento”, senza altre formalità. Quel Natale però si fece promettere da Modou dovrebbero fatto un punto zero, che le sarebbe stato comunicato l’ammontare del debito, esso sarebbe stato appianato, e da lì in poi si sarebbe seguita una pianificazione dei costi molto stretta, preventiva, e dove è possibile si sarebbero tagliate le spese.
Lo stato della Cascina al momento dell'affidamento della concessione nel 2016
Il progetto di Studio MAP Piera Patera e Marilena Madalozzi
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