“Non respirare / respira”: è un ritmo quando si nuota, un comando quando ci si fa una radiografia, ma anche un aut aut. Azioni che hanno bisogno di luoghi fisici: la piscina; un dente, i polmoni…; la morte e la vita.
La piscina che Letizia Cariello annuncia non è metaforica: Anche se non c’è l’acqua, bisogna tuffarsi, passare sotto le corsie come nelle piscine, alternare il respiro, toccare il bordo, rovesciarsi e ricominciare.
"Nello spazio di Viafarini i segnali ci sono tutti. Le corsie, sospese all’altezza dei polmoni, le ha prestate Ermanno Montanari; l’altezza dell’acqua l’ha scelta Letizia e anche il colore con cui l’ha dipinta: il rosa. Le T, che danno il segnale di fine vasca, le ha dipinte sempre lei. Non c’è cloro, perché non si può disinfettare il vivere quotidiano con cui Letizia Cariello ha riempito la sua piscina.
“Respira” equivale a nuotare; “non respirare” vuol dire restare sul bordo e non immergersi nelle “paure archiviate, nelle celle dei conventi, nelle prigioni, nelle stanze dell’adolescenza” che fanno da sfondo alle esperienze, magari piccole, cui però non puoi sottrarti. Puoi solo rallentare il momento in cui ti devi buttare, anche se non sai nuotare.
Ecco le sedie con legate insieme da fili di lana rossa, i disegni sulla parete (calendari, tartarughe rovesciate), le scarpe bianche da matrimonio inchiodate l'una all'altra: calcoli di tempo ravvicinato o eventi che mandano a gambe all’aria. Cose non di grande importanza, ma che costituiscono “l’acqua” in cui ci immergiamo ogni giorno, a volte ci legano, ci recludono, ma ci fanno anche ritrovare.
Il tempo ossessivo dei giorni che passano, che Letizia Cariello aveva presentato alla sua prima personale lo scorso anno a Milano dallo Studio Casoli, ora è diventato la dimensione fisica di un attraversamento, in cui ci si può perdere ma anche ribellare ai legami, o almeno non rimuovere la loro contraddizione protettiva (la lana rossa)."
Francesca Pasini
“Non respirare / respira”: è un ritmo quando si nuota, un comando quando ci si fa una radiografia, ma anche un aut aut. Azioni che hanno bisogno di luoghi fisici: la piscina; un dente, i polmoni…; la morte e la vita.
La piscina che Letizia Cariello annuncia non è metaforica: Anche se non c’è l’acqua, bisogna tuffarsi, passare sotto le corsie come nelle piscine, alternare il respiro, toccare il bordo, rovesciarsi e ricominciare.
"Nello spazio di Viafarini i segnali ci sono tutti. Le corsie, sospese all’altezza dei polmoni, le ha prestate Ermanno Montanari; l’altezza dell’acqua l’ha scelta Letizia e anche il colore con cui l’ha dipinta: il rosa. Le T, che danno il segnale di fine vasca, le ha dipinte sempre lei. Non c’è cloro, perché non si può disinfettare il vivere quotidiano con cui Letizia Cariello ha riempito la sua piscina.
“Respira” equivale a nuotare; “non respirare” vuol dire restare sul bordo e non immergersi nelle “paure archiviate, nelle celle dei conventi, nelle prigioni, nelle stanze dell’adolescenza” che fanno da sfondo alle esperienze, magari piccole, cui però non puoi sottrarti. Puoi solo rallentare il momento in cui ti devi buttare, anche se non sai nuotare.
Ecco le sedie con legate insieme da fili di lana rossa, i disegni sulla parete (calendari, tartarughe rovesciate), le scarpe bianche da matrimonio inchiodate l'una all'altra: calcoli di tempo ravvicinato o eventi che mandano a gambe all’aria. Cose non di grande importanza, ma che costituiscono “l’acqua” in cui ci immergiamo ogni giorno, a volte ci legano, ci recludono, ma ci fanno anche ritrovare.
Il tempo ossessivo dei giorni che passano, che Letizia Cariello aveva presentato alla sua prima personale lo scorso anno a Milano dallo Studio Casoli, ora è diventato la dimensione fisica di un attraversamento, in cui ci si può perdere ma anche ribellare ai legami, o almeno non rimuovere la loro contraddizione protettiva (la lana rossa)."
Francesca Pasini
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